venerdì 11 luglio 2008

La filiera del cotone: il processo di privatizzazione è alle porte - Primo incontro a Muramvya


Il secondo giorno è dedicato alla filiera del cotone e anche in questo caso incontriamo il direttore generale, Léopold Manirakiza. COGERCO è un ente totalmente pubblico ma gestito in modo totalmente autonomo come azienda ed ha il compito di presiedere l’intero processo produttivo. Il direttore generale ci illustra la volontà del governo di procedere alla completa privatizzazione e ci anticipa che presto ci sarà un’asta per la cessione a privati. La produzione di cotone introdotta dai belgi avviene secondo il modello organizzativo da loro impostato. Tutto il processo è presieduto dalla COGERCO, che da assistenza tecnica e finanziaria alle circa 6000 famiglie (ciascuna mediamente proprietaria di un ettaro di terreno), alcune famiglie più numerose prendono in affitto appezzamenti del demanio statale (valutato intorno ai 6000 ettari).
COGERCO realizza attività di ricerca e sperimentazione nei propri impianti, ha inoltre il compito di ricevere il cotone raccolto manualmente dai contadini, di lavorarlo nei propri impianti per la separazione dei semi dalla fibra, sino alla realizzazione delle balle pronte per la vendita e l’esportazione. E’ sempre COGERCO che cura il contatto con gli acquirenti svizzeri, ugandesi, rwandesi ed egiziani. Ci parla di come il prezzo del cotone sia determinato dalla borsa mondiale e come ai contadini sia riconosciuto un prezzo veramente irrisorio (0,55 centesimi di dollaro al chilo). Il prezzo di vendita all’export della stagione 2008 si aggira intorno a 1,23 $. In passato il beneficio netto ottenuto era ripartito in entrate per l’erario (65%) e investimenti nel settore (35%). Attualmente dopo tredici anni di guerra civile la produttività per ettaro si è dimezzata (da 2500 kg a 1000 kg per ettaro) e la COGERCO gravata da personale in esubero e poco produttivo si trova in perdita. Léopold Manirakiza sostiene che sarebbe essenziale aiutare i piccoli produttori nel consolidamento delle associazioni di produttori che per ora operano solo al livello comunale, perché si organizzino in unioni provinciali e federazioni, sull’esempio di quanto sta accadendo per i produttori di caffè. Egli ritiene che il punto di partenza sarebbe una seria assistenza alle famiglie coltivatrici per il consolidamento delle forme associative e cooperative già presenti. La filiera del cotone, egli sostiene, si regge sul lavoro delle famiglie e forse una buona soluzione per incrementare il loro potere e l'efficienza del settore potrebbe essere la formazione di cooperative.
Ci guida alla visita dell’impianto. Incontriamo un direttore tecnico preparato e orgoglioso, come tanti nostri capi officina, ma lamenta la decadenza seguita alla guerra, sia delle scuole tecniche professionali, sia del management che vive nell’incertezza del futuro.
Ci impegniamo a ritornare e possibilmente visitare alcune zone di produzione, dobbiamo dirigerci a Muramvya per incontrare il governatore della provincia, presentarci e discutere il programma della visita e degli incontri che ha preparato.
Ci dirigiamo sulla strada che unisce Bujumbura e Bugarama, in 30 km passeremo da un altezza di 700 m a 2500 m di altitudine. Gli argini delle strade sono percorsi da uomini, donne e bambini nelle due direzioni. Camminano in fretta, a piedi nudi, portano i prodotti del loro lavoro al mercato o rientrano dal mercato. Alcuni si permettono l’uso delle biciclette che caricano in modo indescrivibile (li chiameremo amichevolmente i ‘Tir’ di Muramvya). Piccole costruzioni in terra rossa ospitano mercatini di frutta, ortaggi e carni. Il panorama è meraviglioso...gli alberi di banane si alternano a quelli di mango, di caffé e eucalipto... la terra rossa... e la produzione dei mattoni.
Il governatore, Oscar Ndayiziga, è un uomo giovane e ci parla della sua terra, dalla quale ha avuto origine e dove aveva sede la monarchia del Burundi. Una provincia dimenticata perchè da sempre considerata ricca, ma la ricchezza di un territorio non è nulla senza le competenze e gli strumenti per far emergere queste potenzialità e trasformarle in condizioni di vita migliori per la popolazione. Decidiamo che non bastano tre giornate, occorre dedicare più tempo, torneremo il martedì della settimana successiva e resteremo sino al venerdì.

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