La nostra missione volge al termine e tutto si intensifica, visitiamo la stazione SODECO dove si lavora il caffè che viene dalle stazioni di lavaggio, guidati da un giovane agronomo che è rientrato al termine della guerra civile, dopo essersi formato in Costa d’Avorio e poi in Inghilterra. Parliamo con lui del nostro modello di intervento nelle filiere del caffè e del cotone: realizzare prodotti di alta qualità, con un marchio che ne renda riconoscibile origine e nuovo modello produttivo, da proporre su mercati di nicchia internazionali e che si distinguano dagli altri, perché nascono dal coinvolgimento dei produttori e consentono la loro partecipazione ai risultati economici dell’intero processo.
Incontriamo quindi nuovamente il direttore generale della COGERCO, la società che coordina l’intera filiera di produzione del cotone e il presidente del consiglio di amministrazione. Concordiamo che organizzeremo una loro visita in Italia. Andiamo quindi all’Ufficio del Turismo, il direttore è un appassionato e profondo conoscitore del paese; con la fine del conflitto sono impegnati a dare un forte slancio al turismo e all’artigianato di qualità; stanno contattando tour operator interessati e sono in programma due visite, una a fine agosto, l’altra in dicembre. Ci accompagna al centro di vendita dell’artigianato burundese che sta organizzando; è ben curato, gli oggetti sono esposti con gusto in belle vetrine in cui primeggiano materiali naturali, il legno innanzitutto. acquistiamo miele e oggetti di artigianato del legno e della cesteria.
Finalmente ottengo la possibilità di incontrare e intervistare una delle persone più vicine ad Agathon RWASA, attuale capo dell’FNL. Ci incontriamo nel nostro albergo, è accompagnato da guardie del corpo sudafricane.
Ho preparato con cura l’intervista, partiamo dalla domanda sulle origini del movimento Palipehutu, ci soffermiamo sugli obiettivi politici, sul loro iniziale impegno per una negoziazione politica e quindi parliamo della scelta per la lotta armata e delle relazioni con la popolazione. Gli chiedo se hanno giocato un ruolo e quale nella vittoria e, quindi, nella sconfitta di Melchior Ndadaye e se non pensano che la carenza di un accordo, oggi, tra FNL e il partito di maggioranza possa generare situazioni di conflitto. Andiamo a fondo su molti temi, mi risponde con franchezza e convinzione.
La sera ci attende a casa sua Jérémie Ngendakumana, presidente dell’CNDD-FDD, partito di maggioranza e che guida il paese con un governo a vasta coalizione, come voluto dagli accordi di pace. La nostra amicizia è iniziata lo scorso agosto, in occasione della sua partecipazione alla 28° edizione del Meeting per l’amicizia tra i popoli, come rappresentante del Presidente della Repubblica. Facilita il dialogo approfondito la serata trascorsa accolti nell’intimità della famiglia, riunita dopo la forzata e lunga separazione, dovuta alla clandestinità, affacciati su un magnifico scenario della Bujumbura notturna e ampiamente illuminata. Discutiamo di una scuola di specializzazione per i giornalisti che accompagni, promuovendolo, il dibattito politico in preparazione delle elezioni politiche del 2010, una scuola per tutti, senza distinzione, integrata con animazione di dibattiti e collegamenti in diretta.
Il giorno dopo ci attende il team dei consiglieri del comune di Muramvya e il Governatore della provincia, Oscar Ndayiziga. Dopo l’ultima riunione, firmiamo la dichiarazione di intenti che definisce una comune visione e le priorità per cui Africa Renaissance Time lavorerà, al rientro in Italia. Hanno organizzato i giovani del gruppo di danzatori (tambourinaires) per il saluto finale e per proporre una loro tournee in Europa, a partire dall’Italia: si esibiranno per noi in una danza guidata dal rullo dei tamburi (il tamburo ci spiegherà Déo è il simbolo della sacralità della corona reale, dell’unità del popolo burundese).
Hanno scelto con cura il luogo: la sommità di una collina da cui si dominano le vallate circostanti; è il luogo più caro all’ultimo sovrano (prima dell’avvento della dittatura) dove egli aveva piantato un albero che rimane unico segno di una storia, in gran parte, volutamente cancellata dai dittatori che si sono succeduti.
La manifestazione inizia con la percussione dei tamburi, un suono forte che esprime una determinazione profonda, un carattere forte e appassionato. Déo, ritrova i suoni ei luoghi in cui è stato bambino e adolescente, a fianco del padre governatore della provincia, su mandato del re; si unisce d’istinto alle danze e al suono. Qualcuno mette nelle mani di Lilia gli strumenti di percussione.
L’unica aspirazione rende naturale l’inserirsi nel ritmo.
Rientriamo a Bujumbura, ci concediamo un breve spazio di tempo per rifocillarci a casa di Dèo; finalmente troviamo il tempo di ripercorrere con lui i terribili momenti dal ‘93 al ‘96, quando, da uomo d’affari influente, decise tra i primi di sostenere la candidatura di Melchior Ndadaye alla presidenza della repubblica, influendo in modo determinante sulle speranze di vittoria e di come, una volta parlamentare, estensore della proposta di riforma delle forze armate e membro autorevole della commissione per la sicurezza e la difesa nazionali, divenne bersaglio di ripetuti tentativi di assassinio.
In molti passi di questa missione, la storia di Déo Gratias Nkinahamira era emersa, raccontata da testimoni oculari, ora troviamo la forza di parlarne con lui, ripercorrendo i segni tangibili impressi dalle pallottole e dalle granate, nelle pareti della sua casa.
In aeroporto viene a salutarci il parlamentare Oscar Ndizeye: ci lega ormai un’amicizia operosa. Torneremo in Italia con un impegno forte per costruire una rete di alleanze, una grande rete di innovatori, impegnati con noi a costruire un’esperienza esemplare per la Regione dei Grandi Laghi, partendo da questo straordinario paese nel cuore dell’Africa.
Il viaggio aereo da Bujumbura a Bruxelles e poi a Bologna durerà dalle 19,50 alle 11,20 del giorno successivo. Ci scambiamo poche parole, abbiamo un dialogo interno troppo profondo, non c’e spazio, per ora, per altro.
Il nostro diario si chiude, abbiamo appena ricevuto il messaggio di Mianda, la giovane donna sfuggita alla guerra nel Kivu, che vive profuga a Parigi e incontrata sul volo da Bruxelles a Bujumbura. Si preparano le prime condizioni per allargare ad altri territori della Regione dei Grandi Laghi l’esperienza iniziata in Burundi, ad aprirci la porta è una donna e ne siamo felici.
sabato 19 luglio 2008
Incontro con i media e un membro del governo
Sabato è dedicato al riposo, alla riflessione. Abbiamo cambiato hotel, siamo all’Hotel du Lac, un luogo storico: ospitò per alcuni mesi i sopravvissuti membri del parlamento e del governo formato da Melchior Ndadaye. Domenica ci attende un’agenda intensa: un incontro con i giornalisti nel corso del quale l’on. Oscar Ndizeye, membro dell’assemblea nazionale che ci ha accompagnato nel corso della visita ai cinque comuni della provincia, leggerà una dichiarazione e Dèo rilascerà un’ intervista radiofonica a una delle radio più ascoltate nel paese, REMA FM.
Terminato l’incontro con i giornalisti, ci attende il pranzo istituzionale con un autorevole membro del governo che ci presenta in modo franco e appassionato la sua prospettiva: il paese è stato abbandonato, lasciato solo da una elite ingorda ed arrogante, oggi tutto è da ricostruire: l’unità del popolo burundese, la volontà e la speranza di poter essere nuovamente un'unica comunità, capace di prendersi cura di tutto il paese, ricucendo le divisioni tra città e campagna, riducendo le distanze tra classi dirigen
Ci confermerà analisi, programmi e speranze, uno dei massimi leader del paese che incontreremo prima di partire, in una serata trascorsa accolti nell’intimità della famiglia, riunita dopo la forzata e lunga separazione, dovuta alla clandestinità, affacciati su un magnifico scenario della Bujumbura notturna e ampiamente illuminata.
venerdì 18 luglio 2008
L'incontro con i consigli comunali, le associazioni di produttori e le comunità della provincia di Muramvya
Visitiamo i luoghi dell’antica residenza reale, il governatore e l’amministratore di Muramvya ci parlano della volontà di ricostruire la memoria storica annientata dalla passata dittatura, è per noi la conferma dell’interesse ad un progetto già prefigurato: la ricostruzione degli archivi storici e la realizzazione di un museo e centro multimediale didattico della memoria e della riconciliazione. Osserviamo i resti delle fondamenta dell’antichissima sede, resta solo un perimetro circolare di antiche pietre. Poco distante una costruzione che porta i segni del degrado e abbandono. Déo Nkinahamira ritrova i luoghi a lui familiari, quando da bambino accompagnava il padre, governatore della provincia, dal re per la festa della UMUGANURO (festa della dinastia e benedizione dei sementi); ci indica i luoghi precisi dove attendeva il padre, in udienza dal re, giocando e mangiando frutta prelibata. Ci spiega che il dittatore Micombero, per far dimenticare la storia aveva raso al suolo l’antica sede reale e il simbolo della sacralità, e ha lasciato la nuova residenza costruita dai colonizzatori belgi e imposto ai cittadini di Muramvya di costruire autonomamente una scuola senza aiuto dello stato. Progettiamo un percorso tematico, una sorta di museo diffuso, che dalla sede reale conduca alla pietra a Kiganda dove il re fu costretto a trattare la resa.
La missione si conclude con un compito: redigere e firmare il testo di un accordo che metta a fuoco i bisogni prioritari e le possibili modalità di valorizzazione delle molteplici risorse secondo quanto è emerso dall’ascolto delle comunità.
La sera del rientro da Muramvya ci attende una festa di fidanzamento. Mentre l’evento ripercorre un antichissimo rito, ci rivela aspetti importanti della storia recente. I preliminari, prima del ‘contratto’ di fidanzamento, suggellato da un anello prezioso, sono destinati a far dichiarare alle due comunità i propri obiettivi ed affermare davanti a testimoni la volontà di amicizia profonda e rispetto tra le due comunità; la donna è ‘concessa’ alla nuova comunità e da ora in poi la comunità di provenienza non ne avrà alcun diritto, se non una relazione affettiva. I figli sono una ricchezza che appartiene al padre, ne deve aver cura la comunità di appartenenza del padre.
Un modo strutturato di regolare la cura e protezione nell’ambito della comunità familiare allargata. Molte eccezioni alla regola sono poi seguite nelle storie delle famiglie, soprattutto nel complesso intrecciarsi dell’influenza coloniale sui delicati equilibri tra comunità e classi sociali, nel corso dei conflitti tra Abahutu e Abatutsi.
giovedì 17 luglio 2008
L'incontro con i consigli comunali, le associazioni di produttori e le comunità della provincia di Muramvya
Giovedì mattino andiamo a Bukeye, ci accompagna il vice presidente del Consiglio, parlamentare noto anche per il suo ruolo di leader influente durante la resistenza. Lungo la strada ci fermano i responsabili delle associazioni di produttori di ortaggi e degli allevatori. Chiedono aiuto per avviare un allevamento di maiali, il loro leader ha lo sguardo determinato ma il suo volto tradisce il dolore, la fatica del vivere quotidiano. Anche ART contribuisce e si vedono i primi sorrisi. Il consiglio comunale mette al centro la formazione primaria e quella di tipo tecnico-professionale per la crescita dell’intera comunità. Ci incontriamo in una scuola, i banchi in legno, costruiti dalla comunità, odorano di legno fresco; dalle finestre scorgiamo il febbrile muoversi degli operai, sta nascendo un centro di formazione professionale, devono finire prima dell’arrivo delle piogge. Gli edifici sono ben fatti, ma mancano gli insegnanti così come mancano medici e infermieri nei presidi sanitari esistenti.
Nel pomeriggio andiamo a Mbuye; mangiamo piccole banane e mandarini, scorte sopravvissute, dei giorni precedenti, non c’è tempo per una sosta. A Mbuye visitiamo il caseificio e ci dicono che è una piccola cooperativa che riunisce tanti produttori e anche qui, negli interventi durante la riunione, emergono tanti bisogni, ma anche tanta volontà di fare. All’uscita le donne e i bambini si stringono intorno a Lilia, chiedono contatti con altre associazioni di donne.
mercoledì 16 luglio 2008
L'incontro con i consigli comunali, le associazioni di produttori e le comunità della provincia di Muramvya
Martedì sera arriviamo a Muramvya, la nostra jeep rossa con la grande scritta sulle due portiere “Africa Renaissance Time in cooperazione con la Regione Lombardia”, attira gli sguardi dei curiosi, mentre percorre la prima strada costruita per unire la provincia a Bujumbura.
Ci si prospetta una sinfonia di colori: le tonalità chiare delle banane, del tè, i toni scuri del caffé, i toni argento degli eucalipti; lungo la strada un susseguirsi di mercati della frutta, un nastro continuo e variopinto di persone che salgono e scendono a piedi portando sul capo ogni sorta di prodotti, le donne sono di un’eleganza singolare, con i loro abiti tradizionali che incrociano i rossi, con gli aranci, i turchesi e i verdi, immancabilmente un volto paffuto sbuca dai grandi scialli dietro la schiena; il cibo non manca, carne di capretto e spighe di granoturco arrostiscono su fuochi accesi all’aria aperta.
Oggi, mercoledì, primo giorno della nostra visita itinerante per la provincia di Muramvya, incontriamo il primo consiglio comunale, siamo nel comune di Kiganda. Seguiranno tutti gli altri, cinque in tutto. Si riunisce intorno al consiglio tutta la comunità. Arrivano le donne nell’abito tradizionale portando neonati in grembo, arrivano bambini, adolescenti, vecchi, si siedono e ascoltano. Introduce il Governatore che, come farà poi in tutti i successivi incontri, mette a fuoco la prospettiva: ‘nessuno può toglierci il nostro compito, la riconciliazione e ricostruzione, siamo poveri, ma abbiamo tante risorse in questa regione, aiutiamoli a conoscerci, a capire in cosa possono aiutarci; i bianchi sono partiti prima di noi, da loro possiamo imparare come si fa”. E poi parla Déo Nkinahamira, nella loro lingua, il kirundi, Lilia Infelise, interviene in italiano e Déo Nkinahamira traduce in kirundi. Li ascoltiamo. Intervengono uomini e donne, consiglieri e esponenti delle associazioni. Ci ringraziano perché per la prima volta qualcuno va a cercarli per ascoltarli, prima di intervenire; ci lasciano messaggi da portare in Europa. “Dite che qui c’è la pace, che sappiamo lavorare la terra, possiamo costruire le nostre scuole, ma abbiamo bisogno di semi buoni, di piccoli di animali da allevare, di biciclette, di quaderni, …”. Le donne intervengono timidamente ma ferme: occorrono anche acqua potabile, servizi sanitari, scuole. Dopo la guerra tutto è da ricostruire. Possono lavorare i campi, ogni piccolo pezzetto è coltivato con cura, ma hanno bisogno di semi sani, di apprendere nuove tecniche; avanzano proposte su come organizzare centri di conservazione dei prodotti agricoli, con orgoglio parlano dei loro ortaggi e del caffè, noti per le loro qualità. Vorrebbero vendere i loro prodotti anche in Italia.
Non troviamo l’Africa che ci racconta l’occidente, povera e disperata. Hanno fretta e sono pronti a rimboccarsi le maniche, costruiscono da soli, riuniti in associazioni, strade e scuole; fanno tutto insieme. Emerge chiaro il modello di organizzazione della ricostruzione: sostenuti dai loro leader, eletti democraticamente, si costituiscono associazioni di settore: allevatori, coltivatori di caffè, di ortaggi, etc. Ci chiedono di aiutarli soprattutto in questo percorso con la formazione, il micro credito, l’assistenza a scrivere gli statuti. Chiedono di essere aiutati a organizzare le associazioni perché possano funzionare come cooperative di produzione e vendita, chiedono forme di credito per avviare le attività, sono bravi coltivatori e allevatori, ma occorre comprare i piccoli per allevarli, le mucche costano tanto, forse è meglio specializzarsi nell’allevamento di maiali, caprioli e pecore che costano meno. Terminato l’incontro, visitiamo luoghi significativi di Kiganda e ci dirigiamo sulle strade in terra battuta, verso Rutegama, sugli argini delle strade scorgiamo bambini che trasportano i tradizionali mattoni rossi e le numerose fornaci. Una lavorazione tradizionale importante, ma possono vendere solo sul posto, non hanno mezzi per organizzare una cooperativa di trasporto. Come a Kiganda, è molto sentito il bisogno di costruire scuole, avere l’elettricità e imparare come poter conservare il cibo, affinché non manchi durante la stagione delle piogge a dispetto di quella attuale in cui c’è una sovrabbondanza di legumi e frutta, prodotti deperibili e che avrebbero bisogno di sistemi avanzati di conservazione, una delle domande centrali. Anche qui sono molte le proposte imprenditoriali e le richieste di formazione nel campo della costruzione di impianti che sfruttino l’energia solare.
martedì 15 luglio 2008
Fliera del caffè : un affondo sulla riforma
Prima della partenza per le zone rurali montane della provincia di Muramvya, incontriamo nuovamente il Direttore Generale dell’OCIBU che ci illustra i tratti fondamentali della riforma della filiera e ci presenta le persone chiave dell’attuale grande riforma: il Direttore Generale della SODECO (Stazione di lavorazione del caffé), Bernard Selemani, e il Direttore Generale della SOGESTAL di Lavaggio di Mumirwa, Nkurikiye. Ci illustra i caratteri del settore.
Il Burundi ha una lunghissima tradizione di produzione di caffè arabica in tutte le migliaia di colline e alte montagne che dominano il paese. La qualità più pregiata è il NGOMA, rara qualità di caffé che cresce nelle montagne di Buyenzi, di Kirimiro e di Mumirwa.
Contrariamente alla maggioranza dei paesi produttori di caffé, dove coltivano i grandi produttori, in Burundi il caffé è prodotto da piccoli produttori; singole famiglie di agricoltori producono pochi chili di arabica e la raccolgono da aprile a giugno. Così raccolto a mano il “caffé ciliegia” viene dato dalle famiglie all’associazione comunale che ne coordina l’arrivo alla stazione di lavaggio più vicina. Qui ogni singola produzione viene mescolata a migliaia di altri raccolti. Dalle stazioni di lavaggio dove viene diviso in tre diverse classi per dimensione e peso e ripulito da residui e scorie, il caffé viene inviato alla SODECO, a Bujumbura o a Gitega. In impianti monumentali dove il caffé viene raccolto in silos e quindi selezionato grazie anche ad apparecchiature elettroniche e a raggi ultravioletti.
Così trattato con maestria professionale il caffé viene classificato per dimensione e colore e impacchettato in sacchi di iuta. É pronto per l’export. Viaggerà su ruote sino al porto di Dar El Salaam o per nave lungo il lago Tanganyika. La migliore qualità va tradizionalmente in Europa, USA o Giappone. Da questo anno la vendita è direttamente organizzata dai produttori, organizzati in associazioni sempre più forti e agguerrite, sotto la supervisione dell’OCIBU, che con la progressiva privatizzazione avrà un ruolo sempre più limitato alla sola supervisione e regolazione. Grazie al ciclo biennale positivo e al bel tempo, la raccolta 2008 è di 30.000 tonnellate, 4,5 volte più grande dello scorso anno.
Visitiamo quindi la piccola torrefazione e incontriamo il giovane responsabile che ci manifesta l’urgenza avvertita dai tecnici di una formazione adeguata, di contatti, visite di studi. Incontriamo quindi la responsabile del laboratorio preposto alla attribuzione delle classi di qualità e al campionamento finalizzato alla vendita.
Terminata la visita il direttore generale ci introduce al Presidente della Confederazione dei coltivatori di caffè, Ntirandekura Macaire; non perdiamo tempo, lo incontriamo nella tarda mattinata insieme al suo consigliere tecnico Ezechiel Nkuzimana. Il Presidente, assistito dal suo giovane consigliere tecnico, ci introduce alle questioni calde della liberalizzazione e quindi della privatizzazione. Ci appare subito chiaro che è in atto un’azione di grande interesse, i produttori si stanno organizzando in associazioni e vorrebbero presto trasformarsi in cooperative, per avere insieme la forza di scegliere i compratori e contrattare il prezzo al quale sarà venduto il loro caffé.
La filiera del caffé si avvia alla privatizzazione, come del resto tutti i settori strategici dell’economia burundese, cotone e thé, ma il percorso è ancora lungo e soprattutto pieno di ostacoli e interessi privati con cui dover fare i conti, si tratta di un settore fondamentale per il futuro del paese e da cui dipende la vita di migliaia di famiglie.
lunedì 14 luglio 2008
Dai grattacieli di Kampala alle montagne del Burundi.
Iniziamo il viaggio verso il nord della regione dei Grandi Laghi, ci dirigiamo verso Kampala facendo scalo a Kigali. Andiamo ad incontrare l’ambasciatore Pietro Ballero, che da poche settimane ha assunto il nuovo incarico nell’ambasciata che rappresenta l’Italia in Burundi, Rwanda, Tanzania e Uganda. Abbiamo abbandonato l’idea attraente di muoverci in macchina (i giorni a disposizione sono pochi e dobbiamo utilizzarli come risorse preziose) e utilizziamo un volo di linea di Air Burundi, un piccolissimo aero molto curato, di soli 20 posti, nel quale siamo costretti a camminare ricurvi. Déo Nkinahamira, con i suoi due metri di altezza, fa fatica a trovare posto alle sue lunghe gambe. La hostess che si muove ricurva, ci serve impeccabile le bevande. Dopo 1 ora di volo arriviamo a Kampala.
Presentiamo all’ambasciatore la visione di Africa Renaissance Time e il lavoro realizzato per tradurla in azione, illustriamo il programma della nostra missione in Burundi e l’intento di incontrare le comunità locali, di non fermarci a Bujumbura, ma di inoltrarci nelle montagne della provincia di Muramvya. L’incontro si rivela subito importante, una solida condivisione di prospettive ci porta a prefigurare un piano di azione che vedrà l’Ambasciata Italiana sostenere l’azione di Africa Renaissance Time, volta a fare del Burundi e della regione dei Grandi Laghi il terreno di sperimentazione di un nuovo modello di intervento, che metta al centro l’ascolto rigoroso degli attori locali, la progettazione comune di relazioni internazionali eque e improntate alla piena valorizzazione delle risorse, nel rispetto delle identità e specificità di storie e culture.
Dall’incontro nasce la proposta che in questi giorni viene presentata alle autorità italiane (Ministero degli Esteri, presidenza del World Expo) e ad esponenti autorevoli della regione dei Grandi Laghi. Ripartiamo per Bujumbura soddisfatti e consapevoli che i giorni successivi saranno molto importanti.
Il viaggio nella provincia di Muramvya è stato accuratamente preparato. La scelta non è casuale: l’antica sede della casa reale del Burundi, secondo gli studi preliminari di Africa Renaissance Time, presenta tutti i requisiti richiesti per un intervento pilota.
sabato 12 luglio 2008
L'incontro con Bujumbura : la voglia di gettare alle spalle la guerra
La mattinata inizia con un giro per le strade di Bujumbura: ci impressiona vedere tante donne, con i bambini più piccoli sul dorso e i più grandicelli al fianco, pulire le strade con scope e gli argini con le zappe; un susseguirsi frettoloso di uomini e donne con ogni sorta di oggetti sul capo, dalle assi di legno per costruzioni, a casse di birra o grandi caspi di banane. Assistiamo ad una manifestazione del partito CNDD FDD, che celebra la posa della prima pietra della ‘permanenza’: la sede ufficiale del partito a Bujumbura.
La nostra destinazione è però il quartiere di Kamenge dove si concentra l'etnia bahutu e dal quale è partita la resistenza nel 1993, subito dopo l'assassinio del primo presidente eletto democraticamente, Melchior Ndadaye. Il quartiere si mostra come il più vivo di tutta la città, ma anche il più povero. Le strade dissestate, le case di paglia e fango...le lunghe file di donne, bambini e ragazzi alle fontane per poter portare a casa un po’ d'acqua. Il quartiere pullula di artigiani del legno, sarti e parrucchieri.
Le mille contraddizioni di questa città saltano subito ai nostri occhi quando ci incamminiamo per la collina verso il collegio del Santo Spirito, che una volta era gestito dai gesuiti e dove si è formata molta della classe intellettuale e dirigente burundese. Salendo per la collina ci imbattiamo in numerose residenze del quartiere Kiriri perfettamente curate, si vede che qui abita la borghesia e la nobiltà. Lontano da tutto il resto e rinchiusa tra i suoi cancelli bianchi e le alte mura, da cui sbucano rigogliose bougainvillier multicolori; s’intravvedono attraverso le grate dei cancelli automobili di grosse cilindrate.
La scuola dei gesuiti è diventata pubblica, ma i soldi per mantenerla evidentemente non ci sono. Decadente e trascurata, Déo Nkinahamira ci racconta della sua giovinezza trascorsa tra gli studi e le gare di nuoto, i premi vinti e le partite a basket nei cortili del collegio dei gesuiti...con nostalgia ricorda lo splendore di quei tempi, prima che il regime militare del dittatore colonnello Bagaza decidesse di cacciare via i gesuiti e lasciare che questo "paradiso" per i giovani decadesse lentamente.
Riscendiamo per la collina dritti verso il Lago Tanganyika e ancora una volta il panorama davanti a noi cambia nel paese dalle mille contraddizioni. Siamo a pranzo al Club du Lac Tanganyika: scopriamo una natura meravigliosa, l’acqua limpida e tiepida, le onde accarezzano la sabbia bianca, il vento è quasi una brezza, tutto comunica pace e bellezza.
venerdì 11 luglio 2008
La filiera del cotone: il processo di privatizzazione è alle porte - Primo incontro a Muramvya
Il secondo giorno è dedicato alla filiera del cotone e anche in questo caso incontriamo il direttore generale, Léopold Manirakiza. COGERCO è un ente totalmente pubblico ma gestito in modo totalmente autonomo come azienda ed ha il compito di presiedere l’intero processo produttivo. Il direttore generale ci illustra la volontà del governo di procedere alla completa privatizzazione e ci anticipa che presto ci sarà un’asta per la cessione a privati. La produzione di cotone introdotta dai belgi avviene secondo il modello organizzativo da loro impostato. Tutto il processo è presieduto dalla COGERCO, che da assistenza tecnica e finanziaria alle circa 6000 famiglie (ciascuna mediamente proprietaria di un ettaro di terreno), alcune famiglie più numerose prendono in affitto appezzamenti del demanio statale (valutato intorno ai 6000 ettari).
Ci impegniamo a ritornare e possibilmente visitare alcune zone di produzione, dobbiamo dirigerci a Muramvya per incontrare il governatore della provincia, presentarci e discutere il programma della visita e degli incontri che ha preparato.
Il governatore, Oscar Ndayiziga, è un uomo giovane e ci parla della sua terra, dalla quale ha avuto origine e dove aveva sede la monarchia del Burundi. Una provincia dimenticata perchè da sempre considerata ricca, ma la ricchezza di un territorio non è nulla senza le competenze e gli strumenti per far emergere queste potenzialità e trasformarle in condizioni di vita migliori per la popolazione. Decidiamo che non bastano tre giornate, occorre dedicare più tempo, torneremo il martedì della settimana successiva e resteremo sino al venerdì.